Burlesque made in Lario | ![]() |
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VENERDÌ 31 AGOSTO 2012 |
![]() Sul Lario c’è un settore che non risente della crisi, anzi. È il burlesque, lo spettacolo di spogliarello all’insegna dell’ironia che è tornato in auge grazie alle esibizioni televisive della star americana Dita Von Teese, che è stata di recente sdoganata anche al festival di Sanremo. Nei corsi di Sophie Champagne, la docente che ha aperto da quasi due anni una scuola di burlesque a Como con lezioni a ciclo trimestrale e ora ne vara una anche a Cernobbio oltre che a Milano e Giussano , c’è un boom di richieste. Chi bussa alla sua porta sono donne di varia estrazione sociale e di tutte le età: sono casalinghe, professioniste, commesse. Dai 18 anni in su: è richiesta la maggiore età, o comunque in caso di minorenni un nulla osta dei genitori. Ma cosa è esattamente il burlesque? Vediamone in sintesi la storia. Nell’Ottocento, tra Usa e Regno Unito, era uno spettacolo che parodiava il mondo dell’aristocrazia e dei ricchi industriali, per divertire le classi meno abbienti. Anche all’epoca non mancavano abiti succinti. Alla fine del secolo si diffuse pure la danza del ventre. In questa fase, le artiste del burlesque erano poco vestite, ma non si spogliavano. La novità dello striptease arrivò col tempo. In molti affermano che il primo strip avvenne per caso. Nel 1917, la ballerina Mae Dix, una sera, durante un’esibizione, a causa di un piccolo incidente tecnico, finì col perdere in scena buona parte del suo abito: il pubblico fu entusiasta e l’“incidente” divenne parte integrante dello spettacolo. Ora, come detto, c’è il boom. Nonostante la crisi o forse proprio a causa sua: c’è bisogno di più pepe nella vita di coppia quando lo spread incombe. Nella scuola comasca ci si spoglia, o quasi. Certo, ma «lo scopo è soprattutto divertirsi» come sottolinea Sophie Champagne, che ha anche una carriera di attrice di burlesque in proprio. «Ora le veterane della mia scuola sono già arrivate alle lezioni del corso avanzato e alcune, le più ardimentose e pronte a confrontarsi con il pubblico, mi seguono negli spettacoli». Già, ma a che scopo frequentare un corso di burlesque? «C’è chi vuole diventare una performer, come secondo lavoro. Altre semplicemente vogliono avere un rapporto più maturo con il proprio corpo, o stare bene insieme fra donne. A lezione nascono molte amicizie». Molte arrivano di nascosto dal partner a lezione, rivela Sophie. Ma ci sono anche mariti e fidanzati che lo regalano. Come funziona un corso? Ci sono tre fasi: base, intermedio e avanzato. Si inizia con il classico spogliarello con piume e boa colorati, guanti lunghi e reggicalze, e giochi di palloni che esplodono rivelando man mano le grazie muliebri. Poi dalla sensualità tradizionale del genere “diva” di Hollywood si passa all’altro lato della medaglia, al comparto “fetish” e chic ispirato all’attrice Betty Page, con frustini e altri accessori tipici della donna “cattiva”. Altri temi di studio delle lezioni, che sono pratiche e teoriche insieme, sono il mito della pin up e il can can. «Le mie sono classi miste, ci sono la 18enne e l’attempata. Ci sono morbide e magre. Tutte insieme – conclude Sophie, le cui allieve si sono esibite anche al Teatro Sociale di Como – le accomuna la voglia di divertirsi, il senso dell’umorismo. La mia allieva tipo ha un carattere forte e spiritoso. Sono tutte molto determinate, e anche le timide vogliono uscire dal guscio e vincere le proprie remore. Sono corsi dove, soprattutto, si ride tanto». E in tempi di crisi è già qualcosa.
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